Intervista a Gabriele Muccino

Daniel Gavioli

9/22/20244 min read

Nel tuo cammino e nella tua avventura nel mondo del cinema, ti sei portato qualcosa dentro di te del Mamiani?

Il Mamiani, per motivi che non so neanche capire fino in fondo, è una bolla di crescita. Essendo una scuola grande, con molte persone, si sviluppa una sorta di microcosmo che diventa la tua formazione come individuo che in qualche modo ti segnerà per tutta la vita. Il Mamiani mi è appartenuto tangibilmente fino ai miei primi film, fino a Ricordati di me. Chi lo sa riconoscere, trova un po’ di Mamiani in quei film, nei personaggi, nelle situazioni. È una scuola che mi ha formato fortissimamente e credo che formi molte persone per motivi che poi vanno al di là dell’edificio, della location: non lo so, c’è qualcosa di speciale che si innesca in quella scuola.

Gabriele Muccino ha raccontato pure come ha fatto i primi passi da regista:

Ho deciso di fare il regista il giorno in cui andai sul palcoscenico del teatro Olimpico perché facevo un laboratorio teatrale con Sean Patrick Lovett (maestro del Laboratorio teatrale Mamiani) e lo facevo perché era un momento fuori la scuola, un momento in cui potevo essere me stesso. Quindi quel laboratorio, che era un po’ una bolla, mi ha permesso di essere una sorta di frequenza di libertà emotiva. E quando sono salito su quel palcoscenico, quell’esperienza fece in modo che in quella notte io capissi di non voler essere il veterinario come avevo sempre voluto, ma desideravo raccontare me stesso attraverso una forma d’arte legata allo spettacolo.

Il cinema era la forma d’arte che avevo conosciuto più a fondo perché era il mio hobby andare al cinema: dunque in realtà voler fare il regista per raccontare chi sono è stato un passaggio logico e che è avvenuto in modo per nulla prevedibile. Da quella notte, in cui avevo 18 anni, fino al mio primo film a 30 anni, è proseguito un periodo in cui non ho mai mollato l’idea di fare cinema. Il mio sogno era riuscire a condurre 2/3 film, addirittura un giorno sognai di fare 10 film, ma infine sono riuscito a farne 13 più una serie.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ad Halloween il 31 ottobre uscirà al cinema un mio nuovo film. In futuro mi piacerebbe fare un altro film e magari altri ancora.

Muccino ha rilasciato per la prima volta un inedito su un suo film con Will Smith, “ La ricerca della Felicità”

La scena in cui nel campo di basket il padre interpretato da Will Smith dice al figlio che è un average, che non sarà mai un campione, è significativa perché era scritta in modo completamente opposto a come era stata realizzata.

Nella realtà quella scena termina con il padre che sgonfia l’ambizione del figlio dicendo Tu non sarai mai un pro, io non sono mai stato talentuoso con la palla, non lo sarai nemmeno te, quindi andiamo a scuola. E il film finiva così letteralmente, con un padre sognatore che a sua volta spegneva i sogni del figlio. Siccome a me questo non tornava, a me mancava proprio di trasformare questo in un film sui sogni e sulla capacità di raggiungerli con la forza di volontà. Perciò quella scena è stata riscrittura letteralmente la mattina prima di girarla. Io sono arrivato in quel campo da basket e ho spiegato a Will Smith i miei dubbi perché ero perplesso da qualche settimana, così ci siamo messi a riscrivere la scena, io gli spiegavo i concetti e lui li scriveva in inglese.

Infine proprio quello è diventata la scena più iconica del film più ripostata e ricordata. Quelli sono i momenti di magia del set, quindi è significativo come una scena possa cambiare il corso di un film e fare in modo che il film stesso sia ricordato per una scena che non era scritta nemmeno in quel modo.

Domanda Tema Oscar: Oppenheimer è stato il film più premiato con ben 7 Oscar. Secondo te qual è stata la chiave del suo successo?

Oppenheimer è un film importante da molti punti di vista. Un altro molto potente è Poor Things. Entrambi hanno un altissimo controllo della regia e della messa in scena, tanto da riuscire ad essere fortemente irriverenti, imprevedibili, fuori dagli schemi, unici. Entrambi questi film che ho citato non si erano mai visti prima.

Ovviamente alcuni film non sono stati premiati. In particolare sembrava che The killers of the flower moon, diretto da forse il più celebre regista della storia del cinema, Martin Scorsese, potesse portare a casa qualche premio.

Credi che questo film, costellato da un set di grandi star del cinema come Robert de Niro, Leonardo di Caprio e Lily Gladstone, meritasse almeno una statuetta?

Se avesse avuto dei competitors più fragili, sicuramente Lily Gladstone avrebbe vinto, ma Emma Stone ha fatto una cosa talmente fuori dagli schemi che l’Oscar è andato a lei. Secondo me Leonardo di Caprio avrebbe potuto essere candidato. Nonostante ciò penso che il film di Scorsese non catturi le emotività degli spettatori come gli altri competitors.

A proposito di Martin Scorsese, qualche tempo fa l’hai incontrato. Quali sensazioni ti suscita incontrare un regista che con i suoi film incanta le sale dei cinema di tutto il mondo da più di 50 anni?

La cosa più interessante di Scorsese è il suo viscerale amore per il cinema italiano. Quando inizia a parlare dei film di Vittorio de Sica si apre un’ enciclopedia della conoscenza del cinema. Inoltre ha fatto un bellissimo documentario che si chiama Viaggio in Italia, in cui con la sua voce narrante racconta il cinema italiano come nessun altro.

Intervista di Daniel Gavioli

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